mercoledì 29 settembre 2010
venerdì 10 settembre 2010
Rainews24.it
Bruxelles, 10-09-2010
In Belgio ci furono 13 suicidi in seguito agli abusi dei preti pedofili in base ai dati contenuti nel rapporto finale della Commissione istituita dalla Chiesa belga sugli abusi sessuali compiuti da religiosi su minori, reso noto oggi nella sua integralita'. E, ancora, sono 124 le testimonianze pubblicate online in forma anonima su richiesta delle stesse vittime degli abusi.
"E' il caso Dutroux della Chiesa". Cosi' lo ha definito il presidente della stessa Commissione, lo psichiatra infantile Peter Adriaenessens, che oggi durante una conferenza stampa a Lovanio ha deciso di rendere tutto pubblico, previa consultazione delle vittime di cui per due anni aveva raccolto, al di la' delle denunce, le sofferte confessioni e il disagio durato tutta una vita.
La scelta e' stata fatta da Adrianessens dopo il travagliato iter giudiziario iniziato dalla magistratura belga con la contestata operazione, in primis da parte del Vaticano, compiuta dai magistrati di Bruxelles che lo scorso 24 giugno avevano perquisito l'arcivescovado, la stessa Commissione Adriaenssens e l'abitazione
privata dell'ex primate del Belgio, il cardinale Godfried Danneels, conclusasi con il sequestro di diverso tipo di materiale tra cui tutti i dossier personali sui casi di abusi raccolti dalla Commissione.
Ma ad agosto la procura generale di Bruxelles, che dopo la denuncia sporta dall'avvocato del cardinale Danneels aveva aperto una controinchiesta per verificare la legalita' delle operazioni compiute dal pm titolare dell'inchiesta, aveva concluso che le perquisizioni e i sequestri erano stati condotti in modo "irregolare", rendendo obbligatoria la restituzione del materiale sequestrato, inclusi i dossier delle vittime alla Commissione Adriaenssens, e facendo di fatto arenare l'inchiesta giudiziaria.
Lo psichiatra infantile, che dopo le perquisizioni aveva rassegnato le dimissioni insieme a tutta la Commissione da lui guidata, ha deciso cosi' di rendere noti i risultati del suo lavoro, per difendere allo stesso tempo il suo operato. Sono ora accessibili su internet 124 testimonianze dirette, in forma anonima, di vittime di
abusi, su loro richiesta. "Il lavoro non e' finito, ed e' stato realizzato per rispetto dei testimoni che si sono rivolti alla Commissione", ha affermato Adriaenssens
FONTE:Rainews24.it
In Belgio ci furono 13 suicidi in seguito agli abusi dei preti pedofili in base ai dati contenuti nel rapporto finale della Commissione istituita dalla Chiesa belga sugli abusi sessuali compiuti da religiosi su minori, reso noto oggi nella sua integralita'. E, ancora, sono 124 le testimonianze pubblicate online in forma anonima su richiesta delle stesse vittime degli abusi.
"E' il caso Dutroux della Chiesa". Cosi' lo ha definito il presidente della stessa Commissione, lo psichiatra infantile Peter Adriaenessens, che oggi durante una conferenza stampa a Lovanio ha deciso di rendere tutto pubblico, previa consultazione delle vittime di cui per due anni aveva raccolto, al di la' delle denunce, le sofferte confessioni e il disagio durato tutta una vita.
La scelta e' stata fatta da Adrianessens dopo il travagliato iter giudiziario iniziato dalla magistratura belga con la contestata operazione, in primis da parte del Vaticano, compiuta dai magistrati di Bruxelles che lo scorso 24 giugno avevano perquisito l'arcivescovado, la stessa Commissione Adriaenssens e l'abitazione
privata dell'ex primate del Belgio, il cardinale Godfried Danneels, conclusasi con il sequestro di diverso tipo di materiale tra cui tutti i dossier personali sui casi di abusi raccolti dalla Commissione.
Ma ad agosto la procura generale di Bruxelles, che dopo la denuncia sporta dall'avvocato del cardinale Danneels aveva aperto una controinchiesta per verificare la legalita' delle operazioni compiute dal pm titolare dell'inchiesta, aveva concluso che le perquisizioni e i sequestri erano stati condotti in modo "irregolare", rendendo obbligatoria la restituzione del materiale sequestrato, inclusi i dossier delle vittime alla Commissione Adriaenssens, e facendo di fatto arenare l'inchiesta giudiziaria.
Lo psichiatra infantile, che dopo le perquisizioni aveva rassegnato le dimissioni insieme a tutta la Commissione da lui guidata, ha deciso cosi' di rendere noti i risultati del suo lavoro, per difendere allo stesso tempo il suo operato. Sono ora accessibili su internet 124 testimonianze dirette, in forma anonima, di vittime di
abusi, su loro richiesta. "Il lavoro non e' finito, ed e' stato realizzato per rispetto dei testimoni che si sono rivolti alla Commissione", ha affermato Adriaenssens
FONTE:Rainews24.it
giovedì 9 settembre 2010
Scoperto un nuovo tipo di buco nero che influenza la vita delle galassie - Corriere della Sera
Scoperto un nuovo tipo di buco nero
che influenza la vita delle galassie
In una remota galassia distante dalla Terra 300 milioni di anni luce
FONTE:Scoperto un nuovo tipo di buco nero che influenza la vita delle galassie - Corriere della Sera
che influenza la vita delle galassie
In una remota galassia distante dalla Terra 300 milioni di anni luce
FONTE:Scoperto un nuovo tipo di buco nero che influenza la vita delle galassie - Corriere della Sera
PeaceReporter - Pakistan, vittime di serie b
02/09/2010stampainvia
Pakistan, vittime di serie b
Nelle aree pashtun colpite dalle alluvioni, il governo non ha mandato aiuti, ha sgomberato i campi delle associazioni islamiche e ha ripreso i bombardamenti
La provincia della frontiera di nordovest (Nwfp) - recentemente ribattezzata Khyber Pakhtunkhwa - è stata una delle più colpite dalle inondazioni delle scorse settimane.
Nelle vallate tra Peshawar e il confine afgano - già prostrate da anni di guerra civile tra governo e talebani - le piogge torrenziali hanno ucciso almeno seicento persone e provocato quasi mezzo milione di nuovi sfollati.
Disperati cui il governo di Islamabad, abituato a bombardare queste popolazioni pashtun, non certo ad aiutarle, ha negato soccorsi e assistenza umanitaria, smantellando addirittura i campi d'accoglienza allestiti dalle organizzazioni religiose locali - ritenute vicine agli ambienti jihadisti e talebani - e proseguendo come nulla fosse le operazioni militari antiterrorismo, con raid aerei che hanno provocato nuove vittime civili.
Un cinismo determinato dalle forti pressioni del governo Usa che, per bocca dell'inviato di Washington, il senatore democratico John Kerry, aveva espresso preoccupazione per le opportunità di propaganda e proselitismo che questa tragedia offre ai movimenti integralisti islamici, ribadendo la necessita di non abbassare la guardia nella lotta al terrorismo.
Concetti subito rilanciati dal presidente pachistano Asif Ali Zardari, per spiegare l'ordine di sgombero di sedici campi-sfollati non governativi, eseguito lo scorso 23 agosto: ''Queste organizzazioni traggono vantaggio dalla crisi umanitaria: mi preoccupa molto il fatto che gli orfani dell'alluvione finiscano in campi dove vengono addestrati a diventare futuri terroristi''.
Tra le più attive ong religiose che si sono attivate per soccorrere le vittime delle alluvioni fornendo viveri, cure e riparo ci sono quelle legate a Jamat-ud-Dawa, organizzazione islamica notoriamente vicina al gruppo terroristico Lashkar-e-Toiba.
''Non mi interessa se sono legati o meno alla jihad: sono gli unici che hanno aiutato me, la mia famiglia e i miei amici'', spiegava prima dello sgombero uno sfollato ai giornalisti locali.
Facile immaginare come la chiusura dei campi 'sgraditi' al governo, lungi dal sottrarre la popolazione locale dall'influenza del radicalismo islamico, non abbia fatto altro che accrescere il risentimento della gente nei confronti del governo, facilitando la propaganda jihadista.
Per completare l'opera, Islamabad ha subito ricominciato a bombardare la regione: solo martedì notte le bombe dei caccia pachistani hanno ucciso alcuni presunti talebani assieme alle loro famiglie e altri civili, tra cui diverse donne e bambini.
FONTE:PeaceReporter - Pakistan, vittime di serie b
Pakistan, vittime di serie b
Nelle aree pashtun colpite dalle alluvioni, il governo non ha mandato aiuti, ha sgomberato i campi delle associazioni islamiche e ha ripreso i bombardamenti
La provincia della frontiera di nordovest (Nwfp) - recentemente ribattezzata Khyber Pakhtunkhwa - è stata una delle più colpite dalle inondazioni delle scorse settimane.
Nelle vallate tra Peshawar e il confine afgano - già prostrate da anni di guerra civile tra governo e talebani - le piogge torrenziali hanno ucciso almeno seicento persone e provocato quasi mezzo milione di nuovi sfollati.
Disperati cui il governo di Islamabad, abituato a bombardare queste popolazioni pashtun, non certo ad aiutarle, ha negato soccorsi e assistenza umanitaria, smantellando addirittura i campi d'accoglienza allestiti dalle organizzazioni religiose locali - ritenute vicine agli ambienti jihadisti e talebani - e proseguendo come nulla fosse le operazioni militari antiterrorismo, con raid aerei che hanno provocato nuove vittime civili.
Un cinismo determinato dalle forti pressioni del governo Usa che, per bocca dell'inviato di Washington, il senatore democratico John Kerry, aveva espresso preoccupazione per le opportunità di propaganda e proselitismo che questa tragedia offre ai movimenti integralisti islamici, ribadendo la necessita di non abbassare la guardia nella lotta al terrorismo.
Concetti subito rilanciati dal presidente pachistano Asif Ali Zardari, per spiegare l'ordine di sgombero di sedici campi-sfollati non governativi, eseguito lo scorso 23 agosto: ''Queste organizzazioni traggono vantaggio dalla crisi umanitaria: mi preoccupa molto il fatto che gli orfani dell'alluvione finiscano in campi dove vengono addestrati a diventare futuri terroristi''.
Tra le più attive ong religiose che si sono attivate per soccorrere le vittime delle alluvioni fornendo viveri, cure e riparo ci sono quelle legate a Jamat-ud-Dawa, organizzazione islamica notoriamente vicina al gruppo terroristico Lashkar-e-Toiba.
''Non mi interessa se sono legati o meno alla jihad: sono gli unici che hanno aiutato me, la mia famiglia e i miei amici'', spiegava prima dello sgombero uno sfollato ai giornalisti locali.
Facile immaginare come la chiusura dei campi 'sgraditi' al governo, lungi dal sottrarre la popolazione locale dall'influenza del radicalismo islamico, non abbia fatto altro che accrescere il risentimento della gente nei confronti del governo, facilitando la propaganda jihadista.
Per completare l'opera, Islamabad ha subito ricominciato a bombardare la regione: solo martedì notte le bombe dei caccia pachistani hanno ucciso alcuni presunti talebani assieme alle loro famiglie e altri civili, tra cui diverse donne e bambini.
FONTE:PeaceReporter - Pakistan, vittime di serie b
PeaceReporter - Africa, il business si ricorda del continente dimenticato
Africa, il business si ricorda del continente dimenticato
Crescita del Pil a doppie cifre, materie prime e alcuni Paesi sicuri. Ma rimangono instabilità politica e squilibri
Il mondo degli affari si ricorda del "continente dimenticato", cioè l'Africa.
Non si tratta solo di andare a caccia di materie prime, anche se è sempre il petrolio a "tirare", bensì di un nuovo interesse che si traduce in analisi attente della crescita del Pil nelle diverse economie, delle opportunità commerciali, delle maggiori entrate fiscali che si concretizzano in stabilità politica per più Stati, e così via. Nella stanza dei bottoni si ipotizza perfino che l'Africa subsahariana, presa complessivamente, sia il nuovo "Bric", con riferimento all'acronimo che designa le maggiori economie emergenti (Brasile, Russia, India, Cina).
Un profilo complessivo è tratteggiato da Roubini Global Economics.
Nel dopo-crisi, l'Africa a sud del Maghreb ha avuto ottime performance economiche, con un buon ritorno degli investimenti, alti profitti e alcune economie-traino divenute ormai porti sicuri per gli affari. Restano problemi per l'estrema non omogeneità di Paesi anche vicini tra loro e per l'incertezza sulla durata nel tempo delle politiche economiche.
Tuttavia, secondo McKinsey, l'azione combinata di consumi, agricoltura, materie prime e infrastrutture, dovrebbe produrre entro il 2020 un reddito complessivo annuo di 2.600 miliardi di dollari, cioè più del doppio dell'attuale. E il Financial Times ipotizza che per il 2050 il Pil dell'Africa superi i 13mila miliardi, più di Brasile e Russia anche se non di Cina e India.
Tra le economie che vanno per la maggiore ci sono Sudafrica e Angola. Niente di strano.
Il primo è considerato l'ambiente più favorevole agli affari nel continente, sul quale si è innestata per altro la potente leva dei mondiali di calcio. Turismo e investimenti sono le risorse principali e anche il sistema imprenditoriale è maturo. Il Boston Consulting Group inserisce ben 18 imprese sudafricane tra le prime 40 del suo "challengers report", cioè le compagnie dei Paesi in via di sviluppo con le migliori performance.
Angola fa invece rima con petrolio (ne è il maggior produttore africano con la Nigeria), che rappresenta il 40 per cento del suo pil e, di conseguenza, con Cina, Paese che investe massicciamente nel settore energetico locale. Ne scaturisce una diversificazione degli investimenti nelle costruzioni e nei servizi che porta benefici fiscali alle casse dello Stato. In definitiva, il Pil locale dovrebbe salire all'8,5 per cento a fine 2010.
Le sorprese sono il Ghana e il Ruanda.
Il primo è una vera e propria storia di successo. Tutto muove dal petrolio, che dovrebbe far crescere il Paese a doppia cifra nel 2012. Secondo l'Economist Intelligence Unit si passerà dal 4,7 per cento stimato per fine 2010 a un clamoroso 14 per cento due anni dopo (Standard Bank stima una crescita del 5,8 per cento nel 2010 e del 13,3 nel 2011). Il Paese ha tra le altre cose imparato la lezione di altre "storie petrolifere" e si è già mosso sulla strada della diversificazione - costruzioni, infrastrutture e tecnologia - per non dipendere troppo dall'oro nero. A titolo d'esempio, si può citare il Ghana Ciber City, un progetto di parco tecnologico per cui si cercano 40 milioni di dollari. A questo si aggiunge la stabilità politica e l'inflazione bassa.
Il Ruanda è invece definito "miglior riformatore" dalla stessa Banca Mondiale, che lo fa passare dal 143esimo al 67esimo posto della speciale classifica. Ovviamente per riforme si intendono quelle tipicamente liberiste: la tutela degli azionisti, l'accesso facile al credito e la semplificazione delle procedure per iniziare un business. Tutto ciò attira investimenti. I punti forti sono inoltre la bassa inflazione e la crescita del settore agricolo, che dovrebbe beneficiare della ripresa globale. Secondo stime del Fondo Monetario Internazionale, il Paese crescerà del 5,4 per cento nel 2010 e del 7 per cento nel 2013.
Ma per ogni storia di successo, c'è anche l'altro lato della medaglia che è l'instabilità politica, intesa dal business internazionale in senso piuttosto lato. Così l'analisi di Roubini Global Economics mette nello stesso cahier de doleances gli scioperi in Sud Africa e la rielezione di Kagame in Ruanda (con tutto il suo corollario di repressione interna e tensioni nell'area), fenomeni piuttosto distanti tra loro ma accomunati alla voce "instabilità".
Oltre agli scioperi, in Sud Africa si teme l'eventuale nazionalizzazione del settore minerario (richiesta dalla lega giovanile dell'African National Congress) che potrebbe scoraggiare gli investitori, mentre in Angola pesa l'enorme debito contratto con le imprese straniere che hanno ricostruito il Paese dopo la disastrosa guerra civile (9 miliardi di dollari). Quanto alla "sorpresa Ghana" il timore manifesto è che alcune scelte politiche facciano scialacquare le revenues petrolifere prima che siano realizzate.
E' chiaro che anche in Africa la ricetta proposta è la "crescita senza sviluppo", cioè senza redistribuzione, già applicata altrove: mette a posto i conti, crea l'humus favorevole al business (specie d'importazione), ma rimanda a data da destinarsi l'evoluzione della società nel suo complesso.
FONTE:PeaceReporter - Africa, il business si ricorda del continente dimenticato
Crescita del Pil a doppie cifre, materie prime e alcuni Paesi sicuri. Ma rimangono instabilità politica e squilibri
Il mondo degli affari si ricorda del "continente dimenticato", cioè l'Africa.
Non si tratta solo di andare a caccia di materie prime, anche se è sempre il petrolio a "tirare", bensì di un nuovo interesse che si traduce in analisi attente della crescita del Pil nelle diverse economie, delle opportunità commerciali, delle maggiori entrate fiscali che si concretizzano in stabilità politica per più Stati, e così via. Nella stanza dei bottoni si ipotizza perfino che l'Africa subsahariana, presa complessivamente, sia il nuovo "Bric", con riferimento all'acronimo che designa le maggiori economie emergenti (Brasile, Russia, India, Cina).
Un profilo complessivo è tratteggiato da Roubini Global Economics.
Nel dopo-crisi, l'Africa a sud del Maghreb ha avuto ottime performance economiche, con un buon ritorno degli investimenti, alti profitti e alcune economie-traino divenute ormai porti sicuri per gli affari. Restano problemi per l'estrema non omogeneità di Paesi anche vicini tra loro e per l'incertezza sulla durata nel tempo delle politiche economiche.
Tuttavia, secondo McKinsey, l'azione combinata di consumi, agricoltura, materie prime e infrastrutture, dovrebbe produrre entro il 2020 un reddito complessivo annuo di 2.600 miliardi di dollari, cioè più del doppio dell'attuale. E il Financial Times ipotizza che per il 2050 il Pil dell'Africa superi i 13mila miliardi, più di Brasile e Russia anche se non di Cina e India.
Tra le economie che vanno per la maggiore ci sono Sudafrica e Angola. Niente di strano.
Il primo è considerato l'ambiente più favorevole agli affari nel continente, sul quale si è innestata per altro la potente leva dei mondiali di calcio. Turismo e investimenti sono le risorse principali e anche il sistema imprenditoriale è maturo. Il Boston Consulting Group inserisce ben 18 imprese sudafricane tra le prime 40 del suo "challengers report", cioè le compagnie dei Paesi in via di sviluppo con le migliori performance.
Angola fa invece rima con petrolio (ne è il maggior produttore africano con la Nigeria), che rappresenta il 40 per cento del suo pil e, di conseguenza, con Cina, Paese che investe massicciamente nel settore energetico locale. Ne scaturisce una diversificazione degli investimenti nelle costruzioni e nei servizi che porta benefici fiscali alle casse dello Stato. In definitiva, il Pil locale dovrebbe salire all'8,5 per cento a fine 2010.
Le sorprese sono il Ghana e il Ruanda.
Il primo è una vera e propria storia di successo. Tutto muove dal petrolio, che dovrebbe far crescere il Paese a doppia cifra nel 2012. Secondo l'Economist Intelligence Unit si passerà dal 4,7 per cento stimato per fine 2010 a un clamoroso 14 per cento due anni dopo (Standard Bank stima una crescita del 5,8 per cento nel 2010 e del 13,3 nel 2011). Il Paese ha tra le altre cose imparato la lezione di altre "storie petrolifere" e si è già mosso sulla strada della diversificazione - costruzioni, infrastrutture e tecnologia - per non dipendere troppo dall'oro nero. A titolo d'esempio, si può citare il Ghana Ciber City, un progetto di parco tecnologico per cui si cercano 40 milioni di dollari. A questo si aggiunge la stabilità politica e l'inflazione bassa.
Il Ruanda è invece definito "miglior riformatore" dalla stessa Banca Mondiale, che lo fa passare dal 143esimo al 67esimo posto della speciale classifica. Ovviamente per riforme si intendono quelle tipicamente liberiste: la tutela degli azionisti, l'accesso facile al credito e la semplificazione delle procedure per iniziare un business. Tutto ciò attira investimenti. I punti forti sono inoltre la bassa inflazione e la crescita del settore agricolo, che dovrebbe beneficiare della ripresa globale. Secondo stime del Fondo Monetario Internazionale, il Paese crescerà del 5,4 per cento nel 2010 e del 7 per cento nel 2013.
Ma per ogni storia di successo, c'è anche l'altro lato della medaglia che è l'instabilità politica, intesa dal business internazionale in senso piuttosto lato. Così l'analisi di Roubini Global Economics mette nello stesso cahier de doleances gli scioperi in Sud Africa e la rielezione di Kagame in Ruanda (con tutto il suo corollario di repressione interna e tensioni nell'area), fenomeni piuttosto distanti tra loro ma accomunati alla voce "instabilità".
Oltre agli scioperi, in Sud Africa si teme l'eventuale nazionalizzazione del settore minerario (richiesta dalla lega giovanile dell'African National Congress) che potrebbe scoraggiare gli investitori, mentre in Angola pesa l'enorme debito contratto con le imprese straniere che hanno ricostruito il Paese dopo la disastrosa guerra civile (9 miliardi di dollari). Quanto alla "sorpresa Ghana" il timore manifesto è che alcune scelte politiche facciano scialacquare le revenues petrolifere prima che siano realizzate.
E' chiaro che anche in Africa la ricetta proposta è la "crescita senza sviluppo", cioè senza redistribuzione, già applicata altrove: mette a posto i conti, crea l'humus favorevole al business (specie d'importazione), ma rimanda a data da destinarsi l'evoluzione della società nel suo complesso.
FONTE:PeaceReporter - Africa, il business si ricorda del continente dimenticato
Quotidiano Net - Usa, contro l'inquinamento da petrolio uno sciame di robot
Usa, contro l'inquinamento da petrolio uno sciame di robot
Il progetto Seaswarm è allo studio per contenere i danni dell'inquinamento. Tanti robot da formare una specie di nastro a scorrimento che assorbe fino a venti volte il peso complessivo dell’intera struttura
Roma, 7 settembre 2010 - “Seaswarm” (sciame marino) è il nome assegnato a un progetto studiato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) per trovare un’alternativa più efficace ai sistemi tradizionali per l’aspiramento del petrolio affiorato in superficie in seguito a incidenti a navi cisterna o piattaforme estrattive.
Si tratta di robot da usare insieme in gruppi dimensionati a seconda dell’entità dell’inquinamento. Ciascun robot ha come “testa” una scatola larga due metri, che provvede a bruciare localmente il petrolio assorbito da una “coda” lunga cinque metri.
Posti in catena, i robot formano una specie di nastro a scorrimento che assorbe fino a venti volte il peso complessivo dell’intera struttura. “A differenza delle tradizionali piattaforme, Seaswarm è basato su un sistema di piccole unità autonome che si comportano come uno sciame, digerendo il petrolio a livello locale senza alcun intervento da parte dell’uomo”, ha spiegato il direttore del Senseable City Lab del Mit, Carlo Ratti. Per fare un paragone, le ottocento piattaforme di raccolta utilizzate per ripulire il Golfo del Messico hanno finora assorbito soltanto il 3 per cento del petrolio fuoruscito. Con cinquemila robot Seaswarm (ciascuno del costo di ventimila dollari), basterebbe un mese a fare pulizia totale.
FONTE:Quotidiano Net - Usa, contro l'inquinamento da petrolio uno sciame di robot
Il progetto Seaswarm è allo studio per contenere i danni dell'inquinamento. Tanti robot da formare una specie di nastro a scorrimento che assorbe fino a venti volte il peso complessivo dell’intera struttura
Roma, 7 settembre 2010 - “Seaswarm” (sciame marino) è il nome assegnato a un progetto studiato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) per trovare un’alternativa più efficace ai sistemi tradizionali per l’aspiramento del petrolio affiorato in superficie in seguito a incidenti a navi cisterna o piattaforme estrattive.
Si tratta di robot da usare insieme in gruppi dimensionati a seconda dell’entità dell’inquinamento. Ciascun robot ha come “testa” una scatola larga due metri, che provvede a bruciare localmente il petrolio assorbito da una “coda” lunga cinque metri.
Posti in catena, i robot formano una specie di nastro a scorrimento che assorbe fino a venti volte il peso complessivo dell’intera struttura. “A differenza delle tradizionali piattaforme, Seaswarm è basato su un sistema di piccole unità autonome che si comportano come uno sciame, digerendo il petrolio a livello locale senza alcun intervento da parte dell’uomo”, ha spiegato il direttore del Senseable City Lab del Mit, Carlo Ratti. Per fare un paragone, le ottocento piattaforme di raccolta utilizzate per ripulire il Golfo del Messico hanno finora assorbito soltanto il 3 per cento del petrolio fuoruscito. Con cinquemila robot Seaswarm (ciascuno del costo di ventimila dollari), basterebbe un mese a fare pulizia totale.
FONTE:Quotidiano Net - Usa, contro l'inquinamento da petrolio uno sciame di robot
Gli eroi a 4 zampe dell'11 settembre - Photostory Primopiano - ANSA.it
UN GRADISSIMO OMAGGIO AI NOSTRI COMPAGNI DI VIAGGIO!!!!!!!!!!!!!!!
Gli eroi a 4 zampe dell'11 settembre
Tra le esalazioni tossiche di Ground Zero alla ricerca dei superstiti tanti cani coraggiosi/FOTO
Tra le macerie del World Trade Center centinaia di persone cercarono senza sosta e fino allo sfinimento i superstiti. Uomini coraggiosi che salvarono altri uomini camminando tra le esalazioni tossiche di Ground Zero.
Quegli uomini, quegli eroi, spesso non erano soli. Erano silenziosamente e preziosamente accompagnati da piccoli e forti eroi a 4 zampe. Cani di cui spesso non abbiamo saputo nulla. Ma molte persone devono a loro la vita. E molti di loro, come tanti pompieri e operatori sanitari che lavorarono a New York, rimasero uccisi o contrassero brutte malattie.
A loro e' dedicato un reportage di Quattro Zampe con foto tratte da 'Dogs Heroes of september 11th' del Kennel Club Books.
FONTE:Gli eroi a 4 zampe dell'11 settembre - Photostory Primopiano - ANSA.it
Gli eroi a 4 zampe dell'11 settembre
Tra le esalazioni tossiche di Ground Zero alla ricerca dei superstiti tanti cani coraggiosi/FOTO
Tra le macerie del World Trade Center centinaia di persone cercarono senza sosta e fino allo sfinimento i superstiti. Uomini coraggiosi che salvarono altri uomini camminando tra le esalazioni tossiche di Ground Zero.
Quegli uomini, quegli eroi, spesso non erano soli. Erano silenziosamente e preziosamente accompagnati da piccoli e forti eroi a 4 zampe. Cani di cui spesso non abbiamo saputo nulla. Ma molte persone devono a loro la vita. E molti di loro, come tanti pompieri e operatori sanitari che lavorarono a New York, rimasero uccisi o contrassero brutte malattie.
A loro e' dedicato un reportage di Quattro Zampe con foto tratte da 'Dogs Heroes of september 11th' del Kennel Club Books.
FONTE:Gli eroi a 4 zampe dell'11 settembre - Photostory Primopiano - ANSA.it
sabato 4 settembre 2010
Tracce di vita su Marte? Da non escludere Gli esperimenti falliti del '76 erano errati - Corriere della Sera
Nel 2011 la Nasa lancerà il Mars Science Laboratory: missione che potrebbe chiarire i dubbi
Tracce di vita su Marte? Da non escludere
Gli esperimenti falliti del '76 erano errati
Un nuovo studio rivela che le due sonde Viking avrebbero distrutto il materiale organico (eventualmente) raccolto
FONTE:Tracce di vita su Marte? Da non escludere Gli esperimenti falliti del '76 erano errati - Corriere della Sera
Tracce di vita su Marte? Da non escludere
Gli esperimenti falliti del '76 erano errati
Un nuovo studio rivela che le due sonde Viking avrebbero distrutto il materiale organico (eventualmente) raccolto
FONTE:Tracce di vita su Marte? Da non escludere Gli esperimenti falliti del '76 erano errati - Corriere della Sera
La modella con le gambe bioniche «Icona della cultura dell'opportunità» - Corriere della Sera
A LEI !!! Tutta la mla ammirazione.!!!
Quando l'Uno mostra la sua grandezza.......
Di vero cuore ti auguro i più grandi successi e le più belle gioie che conquisterai!!
scienza e innovazione in tv
La modella con le gambe bioniche
«Icona della cultura dell'opportunità»
Aimee Mullins ospite di "Cosmo", magazine di Rai3
Fonte: La modella con le gambe bioniche «Icona della cultura dell'opportunità» - Corriere della Sera
Quando l'Uno mostra la sua grandezza.......
Di vero cuore ti auguro i più grandi successi e le più belle gioie che conquisterai!!
scienza e innovazione in tv
La modella con le gambe bioniche
«Icona della cultura dell'opportunità»
Aimee Mullins ospite di "Cosmo", magazine di Rai3
Fonte: La modella con le gambe bioniche «Icona della cultura dell'opportunità» - Corriere della Sera
Iscriviti a:
Post (Atom)