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lunedì 8 agosto 2011

Wikileaks/ Haiti come L’Aquila – Dopo il terremoto “la corsa all’oro” | il Democratico

Wikileaks/ Haiti come L’Aquila – Dopo il terremoto “la corsa all’oro”


di Valentina Trenta.



Secondo WikiLeaks già cinque anni prima che il sisma distruggesse una larga fascia della capitale e dei paesi circostanti, uccidendo decine di migliaia di persone, alcuni funzionari degli Stati Uniti erano convinti che il governo haitiano non sarebbe stato in grado di gestire un grande terremoto. Secondo un’informazione segreta dell’ambasciatore statunitense Kenneth Merten, inoltre, dopo il disastro molti capitalisti si affrettarono a raggiungere Haiti, in una vera e propria “corsa all’oro” al fine di ottenere preziosi contratti per la ricostruzione. Mentre ad Haiti si scavava sotto le macerie, insomma, diverse aziende statunitensi si muovevano per vendere i prodotti e servizi.Lewis Lucke, vicino al Presidente Preval e coordinatore speciale di Washington per soccorsi e ricostruzione, si incontrò con il presidente haitiano e con il primo ministro, Jean Max Bellerive, due settimane dopo. Lucke dichiara di aver supervisionato contratti multimiliardari. Nel dicembre del 2010, citato in giudizio, sostenne che le aziende non lo avevano pagato abbastanza per i suoi servizi di consulenza, che includevano agganci con persone potenti e aiuto effettivo nel navigare tranquillamente nella burocrazia governativa.




L’USAID ha percepito 200 milioni di dollari in contratti di assistenza e ricostruzione, ma soltanto il 2,5% della somma sarebbe arrivato alle imprese di Haiti.Tra i vari documenti rivelati da Wikileaks si trovano diverse dichiarazioni interessanti. “L’ultima cosa di cui aveva bisogno Haiti ora era un terremoto” si legge due settimane dopo una scossa di magnitudo 4,3 a Porte-au-Prince: non furono segnalati feriti né danni, ma fu subito chiaro che un terremoto più grave sarebbe stato catastrofico. Il governo di Haiti, infatti, non sarebbe stato nelle condizioni di gestire un disastro naturale di qualsiasi grandezza, e un evento di grande portata avrebbe causato problemi di instabilità politica, povertà e degrado di dimensioni cosmiche.



L’avvertimento del terremoto fa parte di un tesoro di 1.918 informazioni messe a disposizione da WikiLeaks a Haiti Libertè, che sta collaborando con l’Onu a una serie di relazioni sulla politica del paese. Si è concluso che la squadra Office Foreign Disaster Assistance di USAID sarebbe andata a Port-au-Prince nel giugno 2005 per aiutare l’ambasciata a coordinare i danni della scossa di 4,3 magnitudo. Si cercava inoltre di coordinare i donatori. Eppure il più grave terremoto del 12 gennaio 2010 sembra aver colto impreparato il governo di Haiti, ONG internazionali e la forza militare ONU. Gli sforzi di soccorso e ricostruzione sono stati lenti e caotici, guastati da mancanza di coordinamento e aperta concorrenza fra i vari governi e agenzie internazionali. Diane Sawyer di ABC News una settimana dopo il terremoto affermò di non capire la lenta risposta degli Stati Uniti a questo disastro.



Due mesi dopo il New York Times pubblica un editoriale in cui si legge: “Ogni giorno che Haiti passa nel fango e nelle macerie sottolinea come i soccorsi siano falliti su tutti i fronti”.



Oggi, diciassette mesi dopo il terremoto, un’epidemia di colera ha colpito più di 5.330 persone e si prevede uno sconfortante aumento. Una relazione commissionata dalla USAID stima che rimarranno senza casa tra le 141.000 e 375.000 persone. Nel frattempo, soltanto il 37% dei 4,6 milioni di dollari è stato erogato: un dato evidentemente allarmante, considerando che Haiti per riprendersi conta sulla comunità internazionale e sul suo supporto.Il geologo Patrick Charles basò la previsione del terremoto di Haiti sul fatto che Port-au-Prince è attraversata da una larga faglia, che fa parte del sistema denominato Enriquillo-Plantain Garden fault. Il suolo ad Haiti rischia di liquefarsi e rappresenta una minaccia considerevole a infrastrutture quali edifici, ponti, dighe e strade. L’emergenza resta forte e devastante e in questo mare di morti, sporcizia, fame, colera, sofferenze atroci, diventa naturale perdere la speranza. Un Paese così povero e con evidenti problemi di gestione politica non può e non deve essere abbandonato e manipolato dalla comunità internazionale. Unni Karunakara, presidente di Medici senza frontiere, ha denunciato una situazione a dir poco sconcertante: “Haiti – ha detto – rappresenta lo scenario per l’ultimo fallimento del sistema degli aiuti umanitari”. Karunakara ha poi aggiunto che non è possibile ammettere la morte di così tante persone a causa del colera, malattia facilmente gestibile vista la considerevole presenza di organizzazioni non governative sul campo (circa 12mila).



Le Ong, secondo Karunakara, avrebbero chiesto fondi nonostante le loro casse fossero piene. Secondo quanto viene denunciato dalle organizzazioni umanitarie (anche italiane) presenti nella capitale haitiana, sotto le macerie ci sarebbero ancora migliaia di cadaveri: non è difficile capire quanto questo possa nuocere alla salute pubblica. Oggi, poi, Haiti è un paese affamato e questo è il più grande problema per la sopravvivenza di chi si è salvato da quell’inferno. Una cooperante al lavoro da svariati mesi a Port-au-Prince ammette che “il vero problema non è la mancanza di cibo, è che gli haitiani non se lo possono permettere”. Myrta Kaulard del programma Mondiale per l’alimentazione delle Nazioni Unite è convinta che l’aumento di un bene primario come il cibo comporterà danni seri al Paese, soprattutto perché gli alimenti, che oggi si trovano nei mercati di Haiti, sono in larga parte d’importazione.



La comunità internazionale non si impegna abbastanza, e i fondi stanziati sembrano non volersi sbloccare. Il 10 giugno il popolo haitiano ha sfilato per le vie di Port-au-Prince per chiedere interventi legislativi seri e mirati sulla politica abitativa. La gente con quel terremoto ha perso la casa e reclama con forza un alloggio decente. Un milione e mezzo di abitanti sono stati costretti ad abitare nei campi, all’interno di baracche in pessime condizioni. Le piogge della stagione ciclonica, iniziata nei primi giorni di giugno, ha aggravato questo disagio: i tetti sono crollati e le strade sembrano fiumi di fango.



Eppure, nonostante le continue tragedie che continuano a colpire Haiti, l’impegno per salvare questo Paese, per aiutarlo a risollevarsi, per ridonargli pace e serenità, è minimo. La luce, accesa inizialmente su quelle immagini, quella devastazione, quel dolore smisurato, sembra affievolirsi inesorabilmente. La verità è che il mondo si è dimenticato di Haiti. Ma Haiti ha bisogno del mondo.




FONTE:Wikileaks/ Haiti come L’Aquila – Dopo il terremoto “la corsa all’oro” il Democratico

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